lunedì 6 agosto 2007

Renzo Piano - Nuova sede del Times - New York


Il concorso per la nuova sede del New York Times, espletato nel 2000, ha avuto come tema il progetto di un'architettura nei pressi del caos di colori luminosi, superfici specchianti e scritte al neon stordenti di Times Square, particolarmente impegnativa non solo per la speciale situazione contestuale, cioè questo accumulo di edifici, spazi e significati urbani che è la Midtown a Manhattan, ma anche perché si tratta della futura sede di uno dei quotidiani più importanti in America e nel mondo, per cui si è voluto un edificio rappresentativo. Al concorso hanno preso parte, tra gli altri, Frank O. Gehry Associates (in associazione con Skidmore, Owings & Merril), Cesar Pelli & Associates, Foster & Partners.
Tra i progetti, consegnati nel settembre del 2000, il critico d'architettura del Times, Herbert Muschamp, aveva una particolare preferenza per il progetto di Gehry, consistente in una torre rivestita di uno screen traslucido, aperto sia alla base sia in sommità, secondo le geometrie sghembe proprie del linguaggio ben riconoscibile dell'architetto americano.
In ogni caso, la sensazione è che i due principali contendenti fossero proprio il progetto di Gehry e quello di Renzo Piano, che non ha avuto difficoltà a vincere quando, a poco più di una settimana dall'annuncio dell'esito del concorso, l'architetto americano e suoi associati hanno comunicato, per lettera, l'intenzione di ritirarsi dalla competizione.
Il nuovo edificio sarà alto circa 200 metri pari a 52 piani, con una superficie di 117.000 metri quadrati suddivisi fra uffici, spazi commerciali e un giardino al piano terra, mentre gli ultimi due piani alloggeranno ambienti tecnici e servizi per conferenze. L'architetto italiano ha asserito che per la sua soluzione progettuale ha preso ispirazione dallo schema e dalla simmetria della griglia rettangolare delle strade di Manhattan, progettando un edificio dalla morfologia "semplice, primaria e leggera". L'elemento caratterizzante sarà il curtain wall formato da sottili barre orizzontali bianche di ceramica estrusa, assicurati ad una struttura di acciaio circa mezzo metro davanti al cristallo, schermeranno gran parte di questo muro trasparente, costituito da infissi con vetro-camera. I tubi di ceramica, finalizzati anche all'ottenimento di un alto grado di efficienza energetica per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti interni, filtreranno i cambiamenti dell'intensità luminosa del cielo durante il corso del giorno, riflettendo la luce di differenti angolature, con possibili variazioni cromatiche della facciata. Verso la cima dell’edificio lo schermo di tubi diventerà meno denso e la sua trasparenza permetterà la vista del verde del tetto-giardino.
Al piano terra troverà posto, inoltre, un auditorium di 350 posti, caratterizzato da una scenografia trasparente che permetterà al pubblico di vedere il giardino al livello terra. L’auditorium sarà utilizzato per eventi civici e culturali e sarà disponibile per associazioni no-profit almeno per 104 serate all’anno.
Renzo Piano, in una bella intervista rilasciata a Robert Ivy, sintetizza i valori, i punti iniziali che ne hanno influenzato la progettazione. Egli commenta: "Mi piace parlare di espressione in architettura. Mi piace lottare con la forza di gravità. La magia è essenziale in architettura. Nel lavorare a Manhattan, mi piace l'idea che si possa accettare la chiara e semplice geometria di un edificio, che si accetti questa logica. Allora la complessità verrà da altri elementi: dalla texture, dalla vibrazione, dalla metaforica capacità dell'edificio di trasformare, di cambiare, di respirare (...). La complessità non viene necessariamente dalla complessità delle geometrie della forma. L'edificio progettato è molto semplice, ma la sua complessità viene dalla pelle, dalla superficie dell'edificio che vibra a secondo del tempo. Penso che l'edificio del Times a Manhattan sarà grave quando tocca il terreno e diverrà via via più leggero, più vibrante, più metaforico fino a sparire nelle nuvole" (ndr Architettura effimera). Quindi appare chiaro come, accanto ad una semplicità quasi ovvia della divisione in pianta e in alzato dell'edificio, caratteristica che lo accomuna ad una sorta di "minimalismo efficientista" o di "funzionalismo commerciale" propri della cultura progettuale di Manhattan, l'elemento al quale Renzo Piano ha affidato la forza innovativa, la qualità architettonica ed identificatrice dell'edificio è la sua pelle, e cioè il diaframma di tubi di acciaio rivestiti di ceramica bianca. Tale elemento, d'altronde, deriva da simili tecnologie già utilizzate nelle opere dell'architetto genovese, per esempio nell’intervento di Postdamer Platz a Berlino dove usò mattonelle e listelli in terracotta per oscurare le vetrate della Daimler City.

"Penso che la torre del New York Times debba essere una pura forma astratta, che rappresenti concretamente le qualità intrinseche di Manhattan, ma credo anche che debba introdurre delle caratteristiche nuove: leggerezza, vibrazione, trasparenza e immaterialità. (...) Dovrebbe diventare una nuova torre di Babele, barocca, persino materialistica".

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