martedì 11 dicembre 2007

Jean Nouvel, Philarmonie - Parigi

L'ultimo incarico parigino per Jean Nouvel, è la realizzazione della nuova Filarmonica, fortemente voluta dall'omonima associazione della capitale francese, per ampliare l'offerta culturale della Ville Lumiere dotandola di una sala per la musica sinfonica da 2400 posti.
L'edificio sorgerà all'interno del Parco de la Villette, visibile dalla periferia nord-est, sviluppandosi su una superficie di 20000 metri quadrati che accoglierà inoltre sala prove, uffici, un polo educativo, spazi espositivi, un ristorante ed i locali tecnici di cui l'opera abbisogna.
Il via ai lavori è previsto per il 2009, l'apertura al pubblico nel 2012.

Zaha Hadid - MAXXI - Roma


Al confine settentrionale del centro storico, nel quartiere Flaminio, i 26mila metri quadrati dell'ex Caserma Montello, sono oggetto di un complesso programma di intervento che prevede la demolizione di tutte le strutture ad eccezione della palazzina D, usata temporaneamente come sala espositiva e di altri due edifici che accoglieranno la mediateca e la biblioteca, il ristorante, il bookshop e gli uffici.
Le funzioni ricettive e le sale esposizioni saranno invece accolte all'interno del nuovo edificio.
Il concorso per la realizzazione del Museo Nazionale delle arti del XXI secolo, è stato vinto dall'architetto anglo-iracheno Zaha Hadid, che ha sviluppato l'idea di campus urbano rendendo l'intero edificio permeabile alla circolazione del pubblico e divenendo luogo urbano.
Le forme sinuose del nuovo edificio, creano una trama di percorsi liberi caratterizzati dalla dinamicità tipica delle architetture hadidiane.
Una sequenza di ambienti espositivi modulati dalla luce naturale ed allestiti con pannelli mobili, che consentono il mutare degli spazi espositivi a seconda delle esigenze museali, si alternano a splendide viste sulla città circostante.
La promozione dell’architettura e delle arti contemporanee, obiettivo primario del Centro, è già iniziata negli spazi dell’ex-caserma, ove sono state allestite mostre ed incontri di cultura, curati dalla DARC (Direzione generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee), che è attiva anche nell’acquisizioni di fondi archivistici, considerati il punto di congiunzione tra conservazione e promozione, tra cultura specialistica e divulgazione. La collezione permanente di archivi di architetti del Novecento consiste, ad oggi, nei fondi di Carlo Scarpa (31400 pezzi), Aldo Rossi (1000 disegni, 9 scatole di foto e carteggi, 50 cassette audio e video, 13 quaderni di appunti, 11 plastici), Vittorio De Feo (2917 disegni, 31 quaderni e blocchi di appunti, 25 faldoni, 248 scatole di foto e diapositive, 25 plastici), Sergio Musmeci (1500 disegni, 50 fascicoli di documenti allegati ai progetti, 20 fascicoli di materiale di studio, 2 plastici) ed Enrico Del Debbio (44000 disegni) e sarà incrementata con le donazioni di altri progettisti ed anche con materiali rappresentativi delle stagioni della cultura architettonica, come per esempio i materiali dei concorsi di progettazione e di idee o quelli prodotti dalle iniziative del museo stesso. La consistenza degli spazi espositivi è equamente suddivisa tra la sezione arte e la sezione architettura; gli ambienti per la custodia dei fondi archivistici sono attualmente situati negli spazi ai piani superiori del Museo Andersen che dista poche centinaia di metri dal Maxxi.

venerdì 30 novembre 2007

Shigeru Ban - Centre Pompidou - Metz

Per festeggiare il suo trentesimo compleanno, il Centro culturale Georges Pompidou, più conosciuto come Beaubourg, si espande con una nuova sede nella città di Metz in Lorena, che sarà inaugurata all'inizio del 2008.
Come avveniristico fu il progetto di Richard Rogers e Renzo Piano per la sede parigina, così lo sarà il progetto dell'architetto giapponese Shigeru Ban per la prima filiale francese del Beaubourg.
L'architetto giapponese, noto per la leggerezza e l'ecologicità dei suoi progetti, si è stanziato temporaneamente in un tunnel di legno lungo 34 metri allestito sul tetto del Centre Pompidou, dove ha lavorato a questo museo in collaborazione col francese Jean de Gastines.
La copertura dell'edificio è ispirata ad un cappello tipico cinese in giunco del quale riporta lo stasso intreccio in legno.
La struttura occuperà una superficie totale di 12000 metri quadrati di cui metà destinati a spazi espositivi.

sabato 20 ottobre 2007

Maurice Nio, "The amazing whale jaw", Hoofddorp (Paesi Bassi) 2003

Agli inizi del 2003 viene realizzato, nell’area antistante l’ospedale Hoofddorp’s Spaarne di Hoofddorp – nel nord ovest dell’Olanda – una stazione di autobus progettata dallo studio di architettura olandese Nio Architecten. L’edificio si trova al centro di una piazza e rappresenta uno snodo per il servizio pubblico di autobus locale.
Solitamente, questo genere di edifici sono progettati con linee essenziali, quasi neutre. In questo caso, invece, l’obiettivo era di realizzare un edificio di forte impatto visivo e di “personalità”, che fosse meno austero e generico rispetto allo standard. Ecco quindi un progetto ispirato al lavoro di Oscar Niemeyer, un progetto a cavallo tra il modernismo e il barocco.
L’edificio è realizzato completamente in schiuma di polistirene e in poliestere ed è la più grande struttura del mondo in materiale sintetico (lunga 50 metri, larga 10 e alta 5). Si è reso necessario l’utilizzo di un sistema costruttivo non tradizionale, attraverso la creazione in stabilimento delle parti finite, poi assemblate in cantiere, uniformate e levigate allo scopo di ottenere un unico oggetto.

Le risposte alle domande sulla forma del progetto e su cosa essa rappresenti sono numerose. Dal punto di vista architettonico si può descrivere come una grande roccia consumata nel tempo dal passaggio delle persone e dal traffico. Una risposta appropriata in termini di tecnica di design è che il progetto rappresenta un frutto originale dell’ingegno architettonico e che ha origine in quel terreno creativo indispensabile al lavoro di ogni architetto.


Un progetto particolare per forme ed uso del materiale, ad oggi la più grande struttura monoblocco al mondo realizzata con materiali sintetici, schiuma di polistirene e poliestere, lavorata tramite macchine a controllo numerico, divisa in blocchi ed assemblata in cantiere.
Una forma sinuosa che ne fa più un oggetto di design che un'architettura vera e propria.

mercoledì 3 ottobre 2007

Peter Cook & Colin Fournier - Kunsthaus - Graz (Austria)

Sulle rive del fiume Mur, all’angolo tra la Südtiroler Platz e il Lendkai, la nuova Kunsthaus di Graz si presenta come l’insolita composizione formata da un edificio in ghisa e vetro e da un volume biomorfico lucido e bluastro. Questo accostamento genera nel visitatore una sensazione di contraddizione e di armonica proporzione fra le componenti: un’impressione dialogica, che trova spiegazione nel proposito progettuale di definire il concetto contemporaneo di spazio espositivo.
Gli architetti Peter Cook e Colin Fournier, vincitori del concorso conclusosi nell’aprile del 2000, hanno dato vita alla sintesi tra presenza storica e sperimentazione formale, preesistenza del passato e organismo extraterrestre proveniente dal futuro.
L’Eisernes Haus, il primo edificio realizzato in Europa con elementi prefabbricati in ghisa, costituisce l’eredità storica di questa dicotomia, la struttura che genera la forma. Costruito attorno al 1847, è stato restaurato nei materiali e ripensato nella distribuzione dei volumi disponibili, per ospitare, dislocati su quattro livelli, l’ingresso principale affacciato alla Südtiroler Platz, la biglietteria, lo shop, un laboratorio di arte mediale, la sede della rivista fotografica Camera Austria e gli uffici amministrativi della nuova Kunsthaus. La “Casa di Ferro” sembra essere l’appoggio della grande bolla sospesa nella scenografia urbana di Graz.

La costruzione organica rappresenta il secondo atto dell’intervento, e si esprime con un linguaggio innovativo in termini di forma che diventa spazio. Il corpo si mostra come elemento autonomo, la cui superficie era stata concepita, in fase progettuale, come un involucro in laminato plastico traslucido integrante un sistema di comunicazione luminoso. La scelta tecnologica finale, dettata da ragioni economiche e costruttive, adotta, invece, più tradizionali pannelli di resina acrilica avvolgenti una struttura metallica, la cui tessitura è interrotta da veri e propri tentacoli, protuberanze cilindriche volte a nord ( “per catturare la luce abbiamo inciso la pelle, l’abbiamo tirata verso l’esterno e aperta permettendo al sole di entrare da nord” C.Fournier ). Il sistema BIX sviluppato dal gruppo berlinese realities:united, 930 tubi circolari fluorescenti da 40 Watt ciascuno integrati nell’intercapedine esterna, muta il colore di questa membrana in un megaschermo a bassa risoluzione capace di proiettare semplici sequenze di immagini pulsanti e flussi di testo. Ogni anello di luce ha la funzione di un pixel e può essere controllato da un elaboratore. L’organicità dell’oggetto non si ferma alla sola forma, il materiale costruttivo diventa un’interfaccia comunicativa, epidermide sensibile e mutevole nel tempo che comunica con l'esterno e mette in relazione l'"extraterrestre" con gli umani.
L’apparente nuvola sembra fluttuare, disconnessa dal terreno urbano, al di sopra dei tetti rossi a falde del contesto urbano che la circonda. Il piano terra è infatti delimitato da una vetrofacciata continua e interamente coperto dalla superficie incurvata della bolla. La sua apertura sul Lendkai, immette il visitatore nel foyer, in comune con l’Eisernes Haus, che da accesso sia ad un ambiente versatile per la lettura e la comunicazione, sia alla caffetteria, comunicante all’occorrenza con un ampio spazio multiuso. Dal foyer, con una rampa mobile, si penetra all’interno della bolla sovrastante e superando un’area dedicata alle opere degli artisti più giovani, si arriva direttamente al terzo livello che ospita la prima sala espositiva e un laboratorio di arte mediale equipaggiato con stazioni informatiche interattive. Una seconda rampa automatica conduce alla sala espositiva superiore dove le pareti ricurve dell’involucro si estendono sino a definire la copertura punteggiata dai caratteristici tentacoli. La maglia strutturale si interrompe anche in alcune zone dove un rivestimento trasparente consente la vista esterna, incorniciando la Torre dell’orologio sullo Schlossberg e la prospettiva del centro storico oltre il fiume Mur, lasciando una sorta di comunicazione con l'esterno dal quale invece si distacca totalmente per forme, materiali, tipologia strutturale, colori, sensazioni, illuminazione.

Le superfici nude, continue e avvolgenti delle interiorità, renderanno l’opera d’arte unica protagonista di questi spazi ambigui. La possibilità relazionale tra artista e visitatore sarà poi completata dall’interazione con la pelle esterna, soggetta alle metamorfosi causate dagli impulsi luminosi. Le textures visive potrebbero essere dettate dall’opera ospitata, dall’artista, dallo sponsor privato o dal visitatore stesso, sfumando la linea immaginaria di separazione tra architettura narrante e opera d’arte. Alla fine del percorso, il visitatore esce dalla nuvola ed entra in una galleria vetrata a sbalzo che si affaccia sullo spettacolare panorama cittadino circostante (
"il contrasto tra questo sottile elemento architettonico e quello organico è evidente quanto il contrasto tra un ago e la pelle" C.Fournier ).
Accostati e collegati da un breve segmento trasparente tra primo e secondo piano, il volume biomorfico e l’Eisernes Haus, sembrano voler suggerire la percezione dell’insieme. Le forme sinuose del primo si fondono organicamente con la solidità strutturale del secondo per conferire innegabile sinergia all’architettura realizzata.

A mio parere una delle più belle opere architettoniche del 21esimo secolo, fusione di nuove tecnologie, elementi strutturali, luce, visioni utopiche del passato, elementi del futuro, che si distacca dal suo intorno anche se Graz sta compiendo un passo avanti verso la contemporaneità in architettura dopo la costruzione del passaggio sul fiume Mur di Acconci Studio e della Kunsthau, forse unica realizzazione di quella utopia architettonica che era Archigram di cui lo stesso Peter Cook fu protagonista.

Zaha Hadid - Museo Mediterraneo di arti nuragiche e contemporanee - Cagliari


Lo scopo del progetto era generare un nodo degli scambi culturali che fosse, allo stesso tempo, spettacolare ingresso per chi giungesse a Cagliari dal mare.
Il nuovo museo è assimilabile ad una colonia corallina che nasce da uno scoglio, si svuota all'interno, è duro e poroso sulla superficie esterna, ma ha la capacità di far comunicare l'atmosfera esterna dell’intera città con le attività culturali in corso all’interno dell’edificio.


L'erosione forma una grande cavità all'interno della costruzione articolando il volume in una successione di spazi adibiti a mostra, a zona di aggregazione o a zona di passaggio.
La cavità interna permette la genesi di due pelli continue, una contenuta all'interno dell'altra. Il museo è disposto fra la pelle esterna e la pelle interna, caratterizzata da un sistema flessibile di ancoraggio e digitalizzazione, che permette l'uso delle pareti come superficie di esposizione o di videoproiezione.
Gli spazi di comunicazione ed i percorsi pubblici che attraversano la costruzione incrociandosi, generano la struttura fluida dell’edificio, permettendo una molteplicità incredibile di usi e di configurazioni dello spazio interno. Gli elementi verticali ed obliqui di circolazione generano zone di interferenza e di turbolenza che creano una continuità visiva fra le diverse zone del centro culturale.
La metafora vitale che governa il museo diventa chiara all'interno: come gli organismi viventi, lo sviluppo del museo sarà autoregolato. Accadrà naturalmente quando gli stati di equilibrio fra l'atmosfera economica e l'ambiente filantropico e culturale saranno raggiunti.

Il progetto può essere suddiviso in tre zone suddivise a seconda delle funzioni svolte dai vari ambienti ma anche dalle fasi di realizzazione.
La prima fase costituisce circa il 50% del nuovo centro culturale ed include la realizzazione dello spazio per eventi situato nella cavità centrale, la caverna esterna e le volte usate per le installazioni, tutti gli spazi di comunicazione, il grande corridoio di ingresso, tutti gli uffici, allo scopo di iniziare tutte le attività necessarie dell'amministrazione e vendita del museo (biblioteca, ricerca, didattica, mostra).
La seconda fase è costituita dal completamento degli spazi espositivi con altri spazi relativi alla biblioteca. Questa costruzione, nell'adesione con la costruzione della prima fase, approfitta del sistema distributivo attuale, completandolo.
La terza fase prevede l'estensione della fase 2 verso la città di Cagliari. È una costruzione isolata che accoglie i laboratori di ricerca. Sarà collegato al resto del museo tramite “una moquette di collegamento", per offrire un percorso privilegiato che collega sul mare, il centro alla città.



Dorte Mandrup - Jægersborg vandtarn - Jægersborg (Danimarca) 2006

Una torre idrica a pochi passi da Copenhagen riadattata a complesso residenziale per gli studenti dell'Università cittadina mantenendo l'intera struttura esistente costituita dalle dodici altissime colonne in cemento armato e dal serbatoio cilindrico di notevoli dimensioni.
A riempire il vuoto fra le colonne, una scultura cristallina costituita da triangoli aggettanti vetrati che si affacciano sulla città.
L'edificio si distingue per l'uso consapevole dei materiali: i piani più bassi, utilizzati come centro ricreativo sono stati insonorizzati con lana di roccia, rendendoli ben distinti dalla struttura esistente e dalle zone residenziali rivestite in alluminio anodizzato; al di sopra delle residenze un piano intermedio di colore grigio come a staccare il nuovo dal serbatoio idrico lasciato nell'originale colore rosso.
I primi quattro piani ospitano il centro ricreativo costituito da sala fitness, cucina comune, soggiorno, spazi laboratorio dove svolgere i propri hobbies e sala multimediale.

La complessa geometria dei cinque piani al di sopra del centro ricreativo, è stata suddivisa in modo tale da ottenere quasi quaranta appartamenti di due grandezze: 32 e 36 metri quadrati.
All'interno delle residenze, per ottenere un'ampia zona giorno, sono state raggruppate le funzioni di base in un blocco costituito da bagno, cucina, guardaroba, studio e zona letto.
Il soppalco ha le dimensioni di un letto a due piazze e rimane nascosto agli occhi degli ospiti che si potrebbero trovare nella zona giorno.
Le colonne di cemento e le chiusure verticali sono state dipinte di bianco, mentre i pavimenti sono tutti realizzati in linoleum giallo, eccezzion fatta per il pavimento del piano terra in linoleum nero che crea un continuum con la pavimentazione in asfalto dell'esterno e per la pavimentazione in legno dei balconi.
Gli arredi fissi che costituiscono il "blocco vita" sono tutti laccati bianchi, la cucina può essere resa invisibile con elementi frontali sempre di colore bianco.

Il volume delle residenze è chiuso da vetrate aggettanti rispetto al corpo cilindrico originario dell'edificio, che consentono un'illuminazione ideale delle residenze e una vista ampia sul panorama circostante.
I cieli danesi si ripecchiano nei bow-windows creando un'infinità di giochi di luce e riflessi cangianti al variare delle ore e delle stagioni.
Trovandosi in una zona vicina ad arterie stradali e ferroviarie di notevole importanza, si è prestata molta attenzione all'insonorizzazione degli ambienti dell'edificio: lamine termoacustiche e doppi vetri per l'insonorizzazione dei bow-windows, soffitti in cemento e legno dal potere assorbente per il centro ricreativo, valvole silenzione per gli impianti di raffrescamento e isolamento interno con sughero e linoleum per le chiusure del serbatoio idrico.

Un'idea che mi ha colpito, soluzioni funzionali ed estetiche che si sposano perfettamente senza rinunciare al confort degli abitanti, stupenda l'idea di rompere la forma cilindrica imposta dal serbatoio esistente con i solidi aggettanti e irregolari che caratterizzano l'edificio nei piani occupati dalle residenze.
La tripartizione dell'edificio secondo le loro funzioni è paragonabile alle caratteristiche degli edifici di epoca classica: una base massiccia che fa da centro ricreativo, una struttura portante verticale molto leggera costituita dalle preesistenti colonne e dagli elementi cristallini delle residenze e, al culmine, un altro pieno costituito dal serbatoio idrico.
Interessante il lavoro di questo gruppo di architetti danesi, capitanato da Dorte Mandrup, che ha ricevuto riconoscimenti a livello internazionale e che ha progettato molto, soprattutto a Copenhagen e dintorni.

domenica 23 settembre 2007

Reid Fenwick Asociados - Nou Mestalla - Valencia


Il Nou Mestalla sarà il nuovo stadio che opiterà le partite della squadra di calcio di Valencia.
Progettato dallo studio RFA - Reid Fenwick Asociados, avrà una capacità di 75mila persone, occuperà un'area di 128mila metri quadrati e verrà inaugurato nel maggio del 2009, in modo che sia pronto per la stagione 2009-2010 della Liga Spagnola con la prospettiva di ospitare la finale della Champions League 2010.
Il costo dell’opera verrà sostenuto in gran parte dal club spagnolo, grazie alla vendità di appartamenti che sorgeranno al posto dell’attuale stadio di Valencia (costruito nel 1923).
Uno stadio di calcio solenne quanto un tempio contemporaneo, caratterizzato da innovazione, audacia ed impatto visivo tali da destare ammirazione e stupore.

Un edificio sportivo che vuole caratterizzare il territorio valenciano fino a diventarne un simbolo ma allo stesso tempo questo diviene simbolo dell'intero territorio cittadino, essendo rivestito da placche di alluminio perforato che rappresentano i sedici barrios della città, suddivisi dalla sinuosa linea curva del fiume Turia rappresentato scenograficamente da un'onda luminosa che lega l'intero edificio.


L'idea di RFA - Reid Fenwick Asociados e di Arup Sport, divisione del gruppo Arup che ha già partecipato alla realizzazione dell'Allianz Arena di Monaco di Baviera, era quella di coinvolgere il più possibile lo spettatore all'interno dell'evento calcistico, facendolo diventare parte integrante della manifestazione.
Allo stesso tempo, si doveva considerare la funzionalità dello stadio regolata dai parametri stabiliti dalle normative UEFA e FIFA che lo ha già classificato come stadio a cinque stelle, cioè fra i migliori stadi al mondo.
Lo stadio sorgerà a nord ovest della città in un'area in via di espansione con la realizzazione di altri edifici.
Le idee si sono riunite in un ampio progetto costituito da tre elementi essenziali: le gradinate ("graderias"), il rivestimento interno e la seconda pelle esterna che stabilisce il carattere rappresentativo dell'intero complesso.
Le gradinate saranno suddivise in tre settori: il livello più basso ospiterà 22mila spettatori, quello intermedio 18mila e il più alto 35mila posti a sedere tutti al coperto. Inoltre, la possiblità di smontare la parte delle tribune a ridosso del campo in soli cinque giorni, renderà possibile ospitare anche eventi di atletica.
La copertura sarà sorretta da travi perimetrali perpendicolari al lato più lungo dello stadio così come era stato fatto per l'Allianz Arena, cercando però di migliorare la linea ellittica dei prospetti e della pianta.
Grande importanza è stata poi data agli spazi di movimento, inglobando i percorsi orizzontali e verticali fra la pelle esterna dell'edificio ed il piano inclinato delle gradinate.
All'interno dello stadio vi saranno bar, sale stampa, luoghi di ricreazione, il museo del club ed un ristorante di 3mila metri quadrati con vista sul campo.

Non c'è che dire un bel progetto, ambizioso e con quel pizzico di attaccamento alla territorialità rivisitata in ambiente contemporaneo che farà diventare il Nou Mestalla un simbolo di Valencia e che renderà la stessa Valencia una città all'avanguardia anche nel campo dell'architettura sportiva dopo l'ammodernamento del porto e le numerose realizzazioni per la 32esima American's Cup.
Bellissima la linea e l'idea funzionale di progetto che lo renderà uno dei migliori stadi al mondo.
Valencia si sta dimostrando unà città all'avanguardia, contemporanea, "moderna".
Lo dimostrano le numerose opere in campo architettonico, l'idea di cambiamento, la mentalità aperta della gente; sicuramente una città in fermento come quasi tutta la Spagna, caratterizzata da quell'idea di attaccamento alla propria terra, alla propria cultura che la rende particolare, "contemporanea nella tradizione".

lunedì 6 agosto 2007

Renzo Piano - Nuova sede del Times - New York


Il concorso per la nuova sede del New York Times, espletato nel 2000, ha avuto come tema il progetto di un'architettura nei pressi del caos di colori luminosi, superfici specchianti e scritte al neon stordenti di Times Square, particolarmente impegnativa non solo per la speciale situazione contestuale, cioè questo accumulo di edifici, spazi e significati urbani che è la Midtown a Manhattan, ma anche perché si tratta della futura sede di uno dei quotidiani più importanti in America e nel mondo, per cui si è voluto un edificio rappresentativo. Al concorso hanno preso parte, tra gli altri, Frank O. Gehry Associates (in associazione con Skidmore, Owings & Merril), Cesar Pelli & Associates, Foster & Partners.
Tra i progetti, consegnati nel settembre del 2000, il critico d'architettura del Times, Herbert Muschamp, aveva una particolare preferenza per il progetto di Gehry, consistente in una torre rivestita di uno screen traslucido, aperto sia alla base sia in sommità, secondo le geometrie sghembe proprie del linguaggio ben riconoscibile dell'architetto americano.
In ogni caso, la sensazione è che i due principali contendenti fossero proprio il progetto di Gehry e quello di Renzo Piano, che non ha avuto difficoltà a vincere quando, a poco più di una settimana dall'annuncio dell'esito del concorso, l'architetto americano e suoi associati hanno comunicato, per lettera, l'intenzione di ritirarsi dalla competizione.
Il nuovo edificio sarà alto circa 200 metri pari a 52 piani, con una superficie di 117.000 metri quadrati suddivisi fra uffici, spazi commerciali e un giardino al piano terra, mentre gli ultimi due piani alloggeranno ambienti tecnici e servizi per conferenze. L'architetto italiano ha asserito che per la sua soluzione progettuale ha preso ispirazione dallo schema e dalla simmetria della griglia rettangolare delle strade di Manhattan, progettando un edificio dalla morfologia "semplice, primaria e leggera". L'elemento caratterizzante sarà il curtain wall formato da sottili barre orizzontali bianche di ceramica estrusa, assicurati ad una struttura di acciaio circa mezzo metro davanti al cristallo, schermeranno gran parte di questo muro trasparente, costituito da infissi con vetro-camera. I tubi di ceramica, finalizzati anche all'ottenimento di un alto grado di efficienza energetica per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti interni, filtreranno i cambiamenti dell'intensità luminosa del cielo durante il corso del giorno, riflettendo la luce di differenti angolature, con possibili variazioni cromatiche della facciata. Verso la cima dell’edificio lo schermo di tubi diventerà meno denso e la sua trasparenza permetterà la vista del verde del tetto-giardino.
Al piano terra troverà posto, inoltre, un auditorium di 350 posti, caratterizzato da una scenografia trasparente che permetterà al pubblico di vedere il giardino al livello terra. L’auditorium sarà utilizzato per eventi civici e culturali e sarà disponibile per associazioni no-profit almeno per 104 serate all’anno.
Renzo Piano, in una bella intervista rilasciata a Robert Ivy, sintetizza i valori, i punti iniziali che ne hanno influenzato la progettazione. Egli commenta: "Mi piace parlare di espressione in architettura. Mi piace lottare con la forza di gravità. La magia è essenziale in architettura. Nel lavorare a Manhattan, mi piace l'idea che si possa accettare la chiara e semplice geometria di un edificio, che si accetti questa logica. Allora la complessità verrà da altri elementi: dalla texture, dalla vibrazione, dalla metaforica capacità dell'edificio di trasformare, di cambiare, di respirare (...). La complessità non viene necessariamente dalla complessità delle geometrie della forma. L'edificio progettato è molto semplice, ma la sua complessità viene dalla pelle, dalla superficie dell'edificio che vibra a secondo del tempo. Penso che l'edificio del Times a Manhattan sarà grave quando tocca il terreno e diverrà via via più leggero, più vibrante, più metaforico fino a sparire nelle nuvole" (ndr Architettura effimera). Quindi appare chiaro come, accanto ad una semplicità quasi ovvia della divisione in pianta e in alzato dell'edificio, caratteristica che lo accomuna ad una sorta di "minimalismo efficientista" o di "funzionalismo commerciale" propri della cultura progettuale di Manhattan, l'elemento al quale Renzo Piano ha affidato la forza innovativa, la qualità architettonica ed identificatrice dell'edificio è la sua pelle, e cioè il diaframma di tubi di acciaio rivestiti di ceramica bianca. Tale elemento, d'altronde, deriva da simili tecnologie già utilizzate nelle opere dell'architetto genovese, per esempio nell’intervento di Postdamer Platz a Berlino dove usò mattonelle e listelli in terracotta per oscurare le vetrate della Daimler City.

"Penso che la torre del New York Times debba essere una pura forma astratta, che rappresenti concretamente le qualità intrinseche di Manhattan, ma credo anche che debba introdurre delle caratteristiche nuove: leggerezza, vibrazione, trasparenza e immaterialità. (...) Dovrebbe diventare una nuova torre di Babele, barocca, persino materialistica".

martedì 26 giugno 2007

Terza biennale d'architettura di Rotterdam


Dal 24 maggio al 2 settembre 2007, Rotterdam è POWER - Producing the Contemporary City, la terza biennale di architettura della città olandese, dedicata all'architettura ed alla città contemporanea...

Per info:
Biennale
Rotterdam2007

sabato 23 giugno 2007

Riconversione del carcere di Brescia



Dopo sei mesi di lavoro ho finilmente concluso la progettazione di un centro culturale da collocarsi all'interno del lotto ad oggi occupato dal carcere di Brescia - Cantonmombello.
Qui in poche righe ed immagini la filosofia ed i risultati sottoforma di fotorender del progetto.



le zone di progetto destinAte Ad Auditorium, bibliotecA, Archivi ed uffici è un grAnde blocco interrAto su due piAni di cui uno A livello dellA strAdA principAle ed uno A 5 metri al di sotto del livello del terreno.
in pArticolAre Al piAno -1 si trovAno gli spAzi di Archivio, lAborAtorio, mensA e pArte degli spAzi tecnici.
Al livello zero, si trovAno invece gli spAzi Adibiti A sAlA letturA, gli uffici Aperti Al pubblico, un Auditorium dA 777 posti A sedere e unA sAlA proiezioni dA 333 posti oltre Agli spAzi di servizio Alle sAle espositive: ristoro, biglietteriA, guArdArobA ed bookshop.
gli spAzi A nord del lotto derivAno dA spAzi geometrici A piAntA triAngolAre che ruotAno Attorno Ad un vertice AumentAndo di dimensione derivAnti dA Alcuni progetti dell'Architetto finlAndese AlvAr AAlto.
i blocchi che si sviluppAno invece A sud del lotto derivAno in piAntA dAllA formA dellA grAnde strutturA che Accoglie le sAle espositive Al di soprA di questi spAzi.
moltA importAnzA è stAtA postA AllA progettAzione in piAntA dei vAri spAzi bAsAti principAlmente su geometrie derivAnti dA triAngoli, per lo più scAleni.
il blocco che Accoglie lA bibliotecA, derivAnte Anch'esso dAl volume dell'Auditorium ruotAto e scAlAto, è stAto trAslAto verso nord creAndo un tAglio A doppiA AltezzA sul quAle si AffAcciAno, per prendere luce, le Aperture delle sAle letture e degli uffici gestionAli.
dove non è stAto possibile prAticAre Aperture, A cAusA del reinterro dell'edificio fino AllA quotA +4 metri, sono state prAticAte Aperture sul tetto dove lA luce viene convogliAtA da lucernAi A formA di tronco di pirAmide A bAse triAngolAre.
Al livello dellA coperturA, Al di soprA dell'Auditorium e dellA sAlA proiezioni, è stAto inoltre ricAvAto un AnfiteAtro All'Aperto con circA 1000 posti A sedere utilizzAbile durAnte il periodo primAverile ed estivo per spettAcoli teAtrAli o concerti musicAli All'Aperto.
lA coperturA A giArdino contribuisce A collegAre con unA viA verde piAzzAle ArnAldo AllA zonA di cAntonmombello e da qui Al pArco verde lungo le murA Antiche.



lA volumetriA di progetto da dedicArsi Alle sAle espositive è stAtA risolta con unA grAnde strutturA sospesA A dodici metri di Altezza su pilAstri A sezione circolAre di circA due metri di diAmetro.
lA strutturA primAria è costituitA dA quAttordici profili curvi derivAnti dAllA formA delle costole di cApodoglio, modificAtA per rendere lA strutturA AdAttA A contenere le tre grAndi sAle espositive.
i grandi profili curvi sono collegAti frA loro dA unA secondA gerArchiA di elementi strutturAli, delle trAvi con profilo A doppiA T che oltre A mAntenere in posizione lA strutturA primAriA sorreggono le grAndi vetrAte che ricoprono l'intero volume dellA sAlA espositivA.
A ricoprire il volume vetrAto si è pensAto Ad unA "pelle" costituitA dA grAndi pAnnelli formAti da lAmelle in Alluminio, semovibili indipendentemente AttrAverso un sistemA meccAnizzAto A controllo computerizzAto.
l'ideA è quellA di poter usufruire dellA luce A secondA delle necessitA' ed Allo stesso tempo di costituire unA grAnde mAcchinA ArchitettonicA che possA chiudersi Al trAmonto per poi Aprirsi A secondA dell'incidenzA dei rAggi solAri durAnte il giorno.
il grAnde spAzio espositivo rAggiunge misure rAgguArdevoli: 103 metri di lunghezzA, 33 di lArghezzA ed un'AltezzA mAssimA di 21 metri per poter contenere più di 7000 metri quAdrAti di zone espositive suddivise su tre livelli.
i tre livelli espositivi sono costituiti da grAndi solAi reAlizzAti con strutturA mistA, AcciAio e cAlcestruzzo ArmAto, con un interpiAno di cinque metri, sospesi All'interno dellA grAnde strutturA, collegAti dA rAmpe inclinAte, da un doppio corposcAlA e dA tre grAndi Ascensori che sAlgono dAl foyer dove vi sono biglietteriA, guArdArobA e bookshop.
si è scelto l'uso delle rAmpe inclinAte per i collegAmenti verticAli frA le tre zone espositive per AccentuAre AncorA unA voltA l'unicitA' del grAnde spAzio creAndo un continuum del percorso espositivo.
per lA libertA' degli spAzi, i livelli espositivi ben si prestAno Ad Accogliere qualsiAsi tipo di opere d'Arte, siano queste dipinti, sculture o instAllAzioni.



per le tre sAle espositive si è pensAto All'inserimento, Al di sotto dellA strutturA portAnte, nAscostA dAi pAnnelli di controsoffittAturA, di unA strutturA in AcciAio con guide su cui fAr scorrere dei pAnnelli in mAteriAle leggero, come Ad esempo il coriAn, fissAti trAmite cArrucole.
lA movimentAzione dei pAnnelli dA' lA possibilitA' di suddividere gli spAzi espositivi nel modo più consono Alle cArAtteristiche delle opere d'Arte esposte, lAsciAndo però Allo stesso tempo l'ideA di un grAnde, unico spAzio, AccentuAto dAl sollevAmento del pAnnello espositivo di circA 50 centimetri rispetto Al piAno di cAlpestìo.


Questo è il risultato finale visto da dietro il blocco auditorium e sala proiezioni, inquadrando, ad ovest, il grande volume dedicato alle sale espositive.






giovedì 7 giugno 2007

Zaha Hadid - Complesso di teatri - Abu Dhabi (EAU)

Saadiyat è un colossale progetto per l'Isola della Felicità, un lembo di terra in parte strappato al mare che sorgerà ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti.
L'isola, che verrà completata entro il 2012, prevede un centro culturale che ospiterà il nuovo Guggenheim Museum a firma di Frank Owen Gehry, il Museo del Mare di Tadao Ando, il Louvre di Jean Nouvel ed il complesso di teatri disegnato dall'architetto anglo-iraquena Zaha Hadid.
Ed è proprio su quest'ultimo progetto che mi voglio soffermare.

L'edificio, una scultura sinuosa, plasmata nel cemento armato, si ramifica fino ad innalzarsi alla quota di 62 metri.
Ospiterà una sala per la musica, una sala per i concerti, un teatro lirico ed uno d'arte drammatica per un totale di 6300 posti a sedere.
Lasciando la terra per svilupparsi verso il mare, il complesso culturale è stato arricchito da ampie aperture vetrate decorate da disegni simili alle venature delle foglie.

Un'architettura molto plastica, che sembra creata dalle brezze che dal deserto arabo soffiano in direzione del mare, diventando sempre più trasparente fino a specchiarsi nelle splendide acque del golfo arabico.

Lo stesso architetto racconta:

"l'edificio emerge da un'intersezione lineare di percorsi pedonali, e cresce gradualmente, trasformandosi in un imponente organismo che sviluppa una rete di ramificazioni"

domenica 27 maggio 2007

Tadao Ando - Chiesa della luce - Osaka, Giappone - 1989

Tadao Ando è, ad oggi il più noto architetto giapponese; il suo lavoro si distingue per l'uso dei materiali in purezza, per la geometria semplice ed intuitiva, per l'assenza della decorazione e del superfluo.
Le sue esperienze fondono i ricordi dei viaggi in Europa, Asia e Africa con la tradizione composta del Sol Levante, l'uso del cemento armato e l'inserimento della natura nelle sue architetture.

Pensando alle opere di Tadao Ando, nello spirito di questo blog, mi sono soffermato sul progetto per la Chiesa di Ibaraki, un quartiere residenziale di Osaka, poiché ho pensato a questa architettura come un edificio con una grande componente effimera.
"Quale è il materiale più effimero?" mi chiedevo da qualche giorno, poi ho notato in internet una fotografia di questa piccola cappella fotografata di notte, un edificio spoglio, senza particolarità che però diventa uno spazio di incredibile bellezza quando la luce penetra dai tagli sulla parete retrostante l'altare che incrociandosi formano una grande croce luminosa che pervade il piccolo edificio di culto andando a sfumare sulle pareti laterali e riflettendosi su soffitto e pavimento.

La pianta, è una scatola chiusa di forma rettangolare, intersecata da un muro-diaframma inclinato di quindici gradi che divide la zona adibita alla preghiera da quella dell'ingresso.
Il volume, buio, contrasta con la luce, manipolata architettonicamente, resa astratta e simbolica al tempo stesso, introducendo tensione nello spazio, sacralizzandolo.

I materiali usati sono semplici: tavole in legno grezzo recuperate dalle impalcature, per il pavimento e per le panche, cemento armato gettato in opera da abilissimi carpentieri, reclutati dallo stesso Ando, per le murature.

Lo stesso Ando così descrive la sua opera:

"La luce è l'origine di tutto: allorché colpisce la superficie delle cose, ne delinea i profili; producendo le ombre dietro agli oggetti, ne coglie la profondità."

domenica 20 maggio 2007

Luis Barragán - Scuderia San Cristóbal - Los Clubes, Messico

Il progetto per la Scuderia San Cristóbal, 1967-1968, forse il più famoso dell'architetto centroamericano Luis Barragán, è l'opera che meglio riassume i concetti del "regionalismo critico", termine concepito da Kenneth Frampton per definire le esperienze architettoniche che si possono definire moderne seppur molto legate alle tradizioni locali.
L'architettura di Barragán si compone di pochi elementi semplici ma ben definiti: murature lineari, spazi chiari, aperture nette, colorazioni intense, corsi d'acqua, fontane, e gli immancabili, silenziosi giardini, facilmente riconoscibili anche nel progetto di Los Clubes.
Le murature, massicce e di intense tonalità che vanno dal rosa al rosso, definiscono sia gli spazi interni che quelli esterni, l'abbeveratoio per i cavalli, alimentato da un getto d'acqua che sgorga direttamente dal muro che scherma l'ingresso alle scuderie, definisce lo spazio di mediazione fra queste ultime, l'abitazione e il giardino.
L'architettura appare sanguigna, molto legata alle caratteristiche locali, ben ritmata nella definizione dei vuoti e dei pieni, come una musica latino-americana, e allegra nei colori come i variopinti abiti messicani.
Gli elementi naturali infine sono sapientemente dosati, divenendo veri e propri componenti architettonici che definiscono spazi ma che allo stesso tempo contrastano, con la loro naturalezza, la semplice ma pur sempre artificiale architettura colorata del grande architetto.

Un'architettura di armonie e contrasti, un'architettura ancor'oggi moderna, dopo qurant'anni dalla costruzione, dopo vent'anni dalla morte di Barragán, uno dei migliori esempi di inserimento dell'architettura nella natura.

Per concludere, vorrei citare questa frase di Vittorio Gregotti che ben esprime il rapporto fra territorio e architettura e che si può perfettamente sposare con l'architettura di Barragán:

"Per costruire il progetto bisogna innanzitutto stabilire una regola... ciò che dà verità e concretezza architettonica alla regola è il suo incontro con il sito: solo dall'esperienza del sito nascono le eccezioni che aprono e formano l'architettura"

domenica 13 maggio 2007

Herzog & De Meuron - Allianz Arena - Munchen

Il primo articolo vero e proprio di questa avventura editoriale, iniziata da poco, lo voglio dedicare all'Allianz Arena, lo stadio di Monaco di Baviera progettato dalla coppia di architetti della svizzera francofona Jacques Herzog & Pierre de Meuron che ho avuto recentemente la fortuna di vedere con i miei occhi.

L'Allianz Arena è uno stadio di calcio situato nella periferia settentrionale di Monaco, raggiungibile con molta facilità e ben collegato al capoluogo della Baviera.

È stato inaugurato alla fine dell'aprile 2005 ed è sede delle partite casalinghe delle squadre di calcio locali, il Bayern Monaco ed il Monaco 1860.
Ha sostituito l'Olympiastadion, sede delle due squadre fin dal 1972 dal quale dista solo poche centinaia di metri.
Lo stadio ha ospitato la cerimonia e l'incontro di apertura degli ultimi mondiali di calcio.
L'Allianz Arena ha una capacità di 66.000 posti, contiene 3 asili per lasciare i bambini, negozi e ristoranti, su un'area totale di circa 6.500 m². Vicino allo stadio è stato costruito il più grande parcheggio sotterraneo d'Europa, che ha una capacità di 10.500 autovetture.
Il guscio esterno è composto da 2.874 pannelli di ETFE, un tessuto molto resistente quasi trasparente ma che da lontano si presenta di un bianco candido, quasi lucido.
I fogli di EFTE, spessi 0,2 mm, sono posizionati su un'inteiatura in acciaio a forma di losanga che rende i vari blocchi di rivestimento e copertura bombati verso l'esterno.
Ogni losanga può essere illuminata singolarmente con colori differenti (rosso, blu e bianco), consentendo di mostrare una spettacolare varietà di disegni, legati alla Baviera (che ha lo stemma a losanghe bianche e blu) e alle due squadre cittadine (bianco e rosso per il Bayern, bianco e blu per il Monaco 1860), rendendo quest'architettura semplicemente fantastica durante la notte.

Abbandonandomi alla poesia, appena intravista l'Arena dall'autostrada che la affianca, mi è sembrata una grande nuvola bianca e soffice che galleggia appena appoggiata alla grande piastra in cemento armato che la mantiena legata al terreno, più semplicemente, ma meno poeticamente, questa può apparire come un grande pallone.


Secondo il mio parere, l'Allianz Arena è uno dei progetti di Herzog & De Meuron più riusciti, spettacolare e incredibile da vedere soprattutto in notturna con il rivestimento esterno illuminato coi colori della Baviera o totalmente in rosso.

Mi dispiace dire però che la coppia svizzera affianca a grandissimi progetti, fra cui la riconversione della Tate Modern di Londra ed il futuro ampliamento della stessa, il deposito della Emanuel Hoffmann Stiftung di Basilea, il Forum Building di Barcellona, la bellissima Biblioteca di Cottbus, alcuni progetti di minor fascino come, ad esempio, il De Young Memorial Museum di San Francisco.
Devo però affermare, che, al contrario di ciò che avviene per altri grandi progettisti, le architetture di Herzog & De Meuron si distinguono sempre l'una dall'altra fornendo un'ampia vastità di spunti, nuovi concetti, nuove strutture e nuovi materiali.

Infine vorrei citare due ultimi progetti in costruzione che mi hanno colpito positivamente e, appena possibile, recensirò nei futuri post: il grattacielo più alto di Basilea, particolare per la sua forma in elevazione, e lo Stadio Olimpico di Pechino per i futuri giochi dei cinque anelli del 2008, che verrà inaugurato all'inizio del prossimo anno.

domenica 6 maggio 2007

Le origini


Il nome del sito nasce da un'intervista di Daria Bignardi a Massimiliano Fuksas, in una puntata de "Le invasioni barbariche", nella quale l'architetto romano confessò di aver cercato durante l'intera carriera l'architettura più effimera possibile.

"Le architetture più effimere sono le dune di sabbia mosse in continuazione dal vento"

Architettura effimerA

Oggi, domenica 6 maggio ha aperto architettura effimera.blogspot.com,
un blog dedicato agli appassionati, come me, di architettura contemporanea.
Il mio obiettivo è di "creare" una rivista d'architettura online, dove discutere dei progetti più recenti, raccogliere informazioni, fotografie e commenti.
Inoltre una piccola parte del blog sarà dedicata
ai miei progetti ed alle mie personali idee dalle quali spero possano nascere discussioni interessanti.