sabato 16 agosto 2008

PTW - Beijing Water Cube, Pechino


Il Water Cube di Beijing è la splendida struttura che ospita la piscina olimpionica delle XXIX Olimpiadi moderne.
Progettata dagli architetti dello studio PTW e dal consorzio ARUP, la struttura esterna ha una morfologia che ricorda tante bolle d’acqua irregolari, leggere e luminose alla vista; ma la sua particolarità non si ferma alle caratteristiche estetiche. L’edificio, progettato secondo principi di design ecosostenibile, utilizza materiali ecologici e tecnologie per l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.
Interessante è il materiale utilizzato per le pareti dell’edificio: l’EFTE, un particolare tipo di Teflon, prodotto dalla DuPont, che reagisce al colore del cielo, cambiando il proprio colore, creando effetti visivi fantastici, e che permette di catturare il 20% dell’energia solare incidente sul palazzo utilizzandola per riscaldare l’acqua delle vasche.
Durante il giorno lo stabile è illuminato dalla luce naturale, riducendo al 55% i consumi di elettricità per l’illuminazione. La zona dove sorge il Water Cube è caratterizzata da scarse risorse idriche; per porre rimedio a questo problema l’80% dell’acqua piovana raccolta dal tetto della struttura viene riciclata e riutilizzata.


Un progetto fantastico; dopo aver visto le immagini del progetto presentate per il concorso mi ero chiesto se ne sarebbe stata possibile la realizzazione e soprattutto se una volta finito l'aspetto sarebbe stato pari ai rendering di progetto. Dalle immagini l'edificio risulta spettacolare, bellissimo soprattutto durante le ore notturne.

Herzog & de Meuron - National stadium, Pechino


In questi giorni di Olimpiadi non si è potuto non notare il nuovo stadio di Pechino, il National stadium già soprannominato The Bird’s Nest, letteralmente il “nido di uccello”.
Il progetto dello studio di architettura svizzero Herzog & de Meuron è una struttura affascinante dove oltre 35.000 tonnellate di acciaio si intrecciano, come esili ramoscelli, per dar vita al nido, un nido che accoglierà più di novantamila increduli spettatori delle Olimpiadi di Pechino.
Il progetto, è risultato il vincitore del concorso bandito nel 2002 proprio grazie alle sue forme morbide, originali ed organiche. Una forma data da innumerevoli intrecci che, oltre a regalare una bellissima opera di architettura contemporanea, risultano un interessante e meticoloso capolavoro d’ingegneria.
Tutta la struttura è ricoperta da due strati di materiale traslucido: l’EFTE, già utilizzato dagli architetti svizzeri per l’Allianz Arena di Monaco di Baviera e utilizzato per lo stadio del nuoto di Pechino, il Water Cube. Questo materiale, dalle prestazioni sorprendenti (una delle tante è che quando brucia non emette né fuoco, né fumo) è utilizzato sia come membrana protettiva resistente agli agenti atmosferici, sia come (per la membrana interna) isolante acustico. Parte integrante della struttura è il tetto del nido, un guscio trasparente che consente il riflesso di fasci di luce all’esterno (e protegge gli spettatori da eventuali piogge).
I percorsi interni sono indicati da elementi in ardesia, intervallati da boschetti di bamboo, blocchi in pietra e piccoli giardini coperti. In questa architettura, in cui facciata e struttura coincidono, l’effetto visivo è sorprendente, nonostante la semplicità e l’essenzialità dell’idea. Dalla natura c’è sempre da imparare.


Completato nell'aprile 2008, con qualche mese di ritardo rispetto alla programmazione del comitato cinese per i giochi olimpici 2008, lo Stadio Olimpico di Pechino è stato il vero protagonista della cerimonia di apertura delle XXIX Olimpiadi moderne.
Fantastica la struttura portante, esile nella vista d'insieme, lasciata totalmente in facciata.
Herzog & de Meuron, dopo l'Allianz Arena di Monaco di Baviera, hanno ancora una volta stupito il mondo intero (quattro miliardi di telespettatori collegati da tutto il mondo per la cerimonia d'apertura) con una bellissima architettura.
Per chi fosse interessato a questo link si possono trovare i progetti che hanno partecipato al concorso per la realizzazione del nuovo stadio olimpico di Pechino.

sabato 31 maggio 2008

Rem Koolhaas - Public Library, Seattle

L'architettura della Seattle Public Library di Rem Koolhaas, stabilisce relazioni complesse, articolate, sinergiche con il panorama urbano circostante, lo skyline ricco di edifici alti di Seattle, città più importante del Pacific Northwest degli Stati Uniti d'America. La biblioteca, inaugurata nel maggio del 2004, vive all'interno di un volume monolitico, compatto, simile ad un cuneo, eppure sfaccettato e aperto alla città e ai suoi flussi. "We wanted to create a sense of moving between urban spaces and not spaces in a building", racconta Joshua Ramus, collaboratore di Rem Koolhaas. Composto da tre fasce, da uno dei quattro spigoli il blocco presenta, scendendo dall'alto verso il basso, una prima parte dal disegno simile a quello di un capitello dorico, quindi un'altra perfettamente verticale, come il fusto di una colonna, e, infine, una parte tronco-piramidale, come fosse un basamento. Quest'ultima poggia sul livello della strada per tre lati, mentre se ne stacca, quasi a schiudersi verso la strada e a invitare al suo interno, lungo il fronte di ingresso. Le proporzioni, tuttavia, non sollecitano altri rimandi all'iconografia classica, non solo: non appena girato l'angolo, la possibilità di azzardare dei riferimenti viene completamente ribaltata da un'articolazione dei volumi assolutamente diversa dalla precedente, più nervosa, plastica, solo apparentemente casuale. La biblioteca prevede otto livelli collegati fra loro da un sistema di scale mobili. La sua organizzazione interna rivoluziona il tradizionale concetto di biblioteca: essa diventa uno spazio cittadino, una cellula dell'organismo urbano, una piazza al chiuso frequentata non solo dallo studioso, ma anche dal passante che nel "Living room" può intrattenersi per rilassarsi, socializzare, leggere in maniera informale, connettersi a Internet. La biblioteca quindi diventa uno spazio per tutti, per grandi e piccini, per ricercatori o anche per curiosi. Si trasforma in un ambiente che sollecita la sua esplorazione, abbandonando lo stereotipo della classificazione tipologica, divenendo luogo vissuto della città, continuo flusso di utenti e non, in ogni momento del giorno. Si legge nel concept book relativo al progetto: "[...] new libraries don't reinvent or even modernize the traditional institution; they merely package it in a new way".

All'interno Koolhas, utilizzando gli elementi tipici del suo lavoro, gioca sulle interazioni fra le superfici piane delle sale di lettura e le inclinazioni variabili del manto esterno, sulla bizzarria dei colori e sulla scelta di un lettering a grandi caratteri per individuare ora le funzioni delle varie aree ora i corridoi corrispondenti ai numeri delle collocazioni dei volumi. La griglia romboidale del rivestimento in acciaio e vetro si adagia sulle ampie sale di lettura, offrendo un'illuminazione naturale insolita per un ambiente destinato alla riflessione: qui la luce e l'ombra diventano protagoniste di una maglia dalla trama larga e geometrica che si adagia sui banchi di lettura come una rete che cattura al suo interno i lettori. Il lettering guida dall'ingresso, fino al bancone delle informazioni, sino ai libri.
Tappezzeria viola per le "Reading rooms", moquette striata che ricorda le traiettorie delle automobili sul tessuto urbano, scale mobili illuminate dai neon gialli, sala riunioni rosso lacca sono i termini di un linguaggio eclettico, scenografico, mutevole, e comunque mai eccessivo o fuori dalle righe.
Di notte poi, la biblioteca e il suo inserimento nella città ricordano le scene di certa produzione cinematografica sensibile alla rappresentazione della metropoli contemporanea: la luce, veloce, dinamica, sicura, corre sui volumi, li disegna, li scolpisce, li lusinga, restituendoli vibranti ad una nuova corsa, quella della vita cittadina.

Un volume semplice e compatto, riconoscibile e particolare al tempo stesso come tutta l'architettura firmata Rem Koolhaas. Pulita la struttura a maglia romboidale che consente un'ottima illuminazione degli interni grazie alle ampie vetrature. Eclettici e colorati gli interni che rendono accoglienti gli ambienti e gli spazi di passaggio.

martedì 8 aprile 2008

SANAA - New Museum of Contemporary Art, New York


Inaugurato il 1 dicembre 2007, il New Museum of Contemporary Art di New York, è stato progettato dallo studio d'architettura giapponese SANAA.
Ubicato al 235 Bowery, fra Stanton e Rivington Street, l'edificio è il primo progetto di un'area in via di trasformazione, che si sta imponendo per la moltitudine di gallerie d'arte che vi stanno sorgendo.
Insolito nella forma e nella spazialità, il complesso si basa sulla sovrapposizione di sei parallelepipedi di altezze e dimensioni diverse, collocati fuori simmetria l'uno rispetto l'altro, ricoperti da una pelle in rete espansa d'alluminio anodizzata di colore bianco.
L'organizzazione degli spazi espositivi è invece flessibile per modificarne le aree ed i percorsi creando atmosfere differenti in relazione alle esposizioni.
Oltre alle gallerie espositive, il museo accoglie un teatro, spazi per lo studio,un caffe, una terrazza ed uno spazio polivalente.

A mio parere, questo semplice volume, opera della coppia Sejima - Nishizawa, è un bellissimo progetto; la forma semplice, il colore che rende l'edificio etereo, l'organizzazione libera degli spazi colpisce lo spettatore senza essere mai troppo pomposo e scultoreo.

Herzog & de Meuron, Caixaforum, Madrid 2001-2008


La fondazione la Caixa ha recentemente inaugurato a Madrid la sua nuova sede, firmata dallo studio svizzero
Herzog & de Meuron.

Dopo aver acquistato, nel 2001, la centrale elettrica del Mediodia, una archeologia industriale risalente al 1899, l'associazione ha affidato al team svizzero l'ampliamento dell'edificio, quintuplicandone la superficie originaria fino a 10mila metri quadrati.
Il progetto ha previsto il restauro dell'originale facciata in mattoni e, la realizzazione di un volume sovrapposto su diversi livelli.
Per dare il senso di galleggiamento dell'intero edificio si è pensato di eliminare lo zoccolo originario di granito che lo rendeva solidale con la piazza pubblica antistante.

Ammetto che il progetto non è futuristico, ma il contrasto fra il vecchio e nuovo e il sapiente utilizzo dei materiali lo rende molto interessante; inoltre lo studio svizzero è ormai abituato a recuperare al meglio le vecchie archeologie industriali sparse nell'intera Europa.

mercoledì 19 marzo 2008

Massimiliano Fuksas, Sala concerti Zenith - Strasburgo


Commissionato dalla Communauté d’Agglomération Amiens Métropole, è stato recentemente inaugurato il nuovo edificio per concerti opera di Massimiliano Fuksas, vincitore del concorso indetto nel 2003.
Pensato come un elemento architettonico, scultoreo, autonomo, che includa sotto la stesa struttura tutti i punti previsti dal programma, l'edificio emerge in una zona periferica in fase di trasformazione.
Il volume, imponente è dotato di leggerezza grazie all’utilizzo di una membrana di PVC pigmentata di colore arancione tesa attraverso gli anelli ellittici che si avvitano fuori asse intorno alla struttura.
La copertura al di sotto della sala per spettacoli è costituita da un insieme di semisfere forate che fungono da isolante termico e acustico.
Un tessuto di poliestere, rivestito di PVC “double face” ricopre l’intero edificio permettendo allo stesso tempo la diffusione di una tenue luce rossa nella hall e negli spazi comuni.
La configurazione “tutti seduti” permette di ospitare fino a 4.600 posti (gradinate con le sedute: 3.900, parterre: 700) mentre la disposizione “seduti - in piedi” arriva a 5.700 posti (gradinate con sedute: 3.900, parterre: 1.800).
L'accesso è collocato in corrispondenza della parete vetrata del basamento che, fino all'altezza di cinque metri, è rivestito in acciaio arancione per conferire continuita di forma e colore alla porzione superiore della struttura.
L'involucro funge inoltre da schermo per la proiezione delle informazioni relative alla programmazione degli spettacoli.

domenica 27 gennaio 2008

Nicholas Grimshaw, E3 Fashion and Design Events Building - Milano


Uno dei quattro edifici che sorgeranno attorno alle tre torri disegnate da Cesar Pelli per la futura Città della Moda di Milano, nell’area Garibaldi Repubblica, è firmato dallo studio inglese Grimshaw. Si tratta di “E3 Fashion and Design Events Building”, il progetto vincitore del concorso ad inviti indetto da Hines Italia. Alla competizione hanno partecipato anche Mario Bellini associati, 5+1AA, il francese Jean Nouvel, il danese Schmidt Hammer Lassen e lo statunitense Vinoli Architects PC.
Il centro espositivo di Grimshaw si colloca, nel masterplan curato da Cesar Pelli, tra il parco di 92mila metri quadrati progettato dallo studio olandese Inside Outside, e la Scuola della Moda disegnata da Pierluigi Nicolin, definendo il lato orientale dell'area in corrispondenza con le maggiori arterie stradali tangenti la zona.
Il progetto – spiegano gli autori – si ispira all’industria della moda, sebbene il punto di partenza sia stato una semplice “scatola nera”. Grimshaw chiama “black box” il cuore dell’edificio, date le pareti ortogonali della hall. La “scatola” accoglie due livelli di spazi espositivi, con la possibilità di ospitare da due a otto esposizioni differenti contemporaneamente.
Tale nucleo funzionale è rivestito di una pelle metallica che segue la geometria del sito, dando forma ad una sorta di scultura urbana che riprende i drappeggi dell'haute couture di cui Milano è capitale.
La struttura esterna è una pelle fluida, tagliata in tutta la sua lunghezza, in modo da ottenere delle strisce che consentono la penetrazione della luce naturale, creando all’interno una varietà di condizioni. Si tratta di fasce contorte per creare delle aperture, che si intrecciano man mano che si allontanano dal cuore dell’edificio. In tal modo sono consentite ulteriori anche se deboli visuali all’interno.
Sorgendo su un podio, l’edificio E3 crea piazze rialzate lungo le tre facciate, alle quali corrispondono altrettanti ingressi ritagliati nelle trasparenze. Al livello delle piazze, infatti, l’edificio è trasparente: una vetrata continua consente al pubblico una connessione immediata con l’interno del centro espositivo.
L’esperienza del visitatore durante il percorso che lo conduce dalla piazza ai livelli superiori dell’edificio cambia a seconda delle diverse dinamiche create dalle fasce intrecciate dell’involucro esterno.

Progetto molto interessante, per l'uso del materiale, per le forme morbide che ricordano un abito ma, a mio parere, anche a forme che si ispirano alla natura, alle branchie di un enorme pesce di metallo che risplende al sole con le sue squame argentate.
L'unica pecca, a quanto visto nei modelli del masterplan, la sua collocazione sarà a stretto contatto con altri edifici, dalle forme più regolari e di altezza maggiore che ne potrebbero diminuire la visibilità; sarebbe stato preferibile collocarlo all'interno di uno spazio meno urbanizzato lasciandogli la visibilità che merita.